È deflazione anche per l’ortofrutta italiana

L’ombra della deflazione che si sta abbattendo sull’Europa non risparmia il settore ortofrutticolo italiano che a fine 2014, per la prima volta dopo una sequenza di anni chiusi con il segno più, vede i prezzi al consumo in calo in tutte le principali categorie merceologiche F&V. Per il comparto frutta complessivamente considerato il prezzo medio annuo cala del 4,1% rispetto al 2013. Meno peggio la verdura che registra una flessione complessiva dello 2,5%.

Le cause. «Sono gli effetti dell’embargo russo – spiega Lorenzo Bazzana di Coldiretti – che ha influenzato direttamente e indirettamente la nostra economia. Direttamente per quel che riguarda i prodotti che esportavamo in Russia e che adesso devono trovare altre collocazioni di mercato e ritornano sul mercato itnerno. Indirettamente perché, gli altri competitor coinvolti nell’embargo adesso che con i loro eccessi di produzione ingolfano l’offerta determinando così il crollo dei prezzi».

I dati. Così è successo per esempio sui principali prodotti di esportazione come le mele, ad esempio, il cui prezzo è calato dell’8,2%, le pere (-8,8%) o le pesche nettarine (-6,8%). Ma la contrazione dei prezzi ha riguardato tutto il comparto F&V: Arance (-7,5%); Insalata (-6,9%); Cavoli (-4,9%); patate (-3,2%).

«L’embargo russo – commentano da Confagricoltura – ha amplificato l’effetto già negativo della contrazione dei consumi. La gente spende meno anche sull’alimentare e quando spende tende a comprare il prodotto meno costoso. Tra le cause del minor consumo di frutta non va ignorato il cambiamento degli stili di vita».

In controtendenza con l’andamento deflattivo generalizzato, pomodoro e frutta secca tengono bene. Nel primo caso, il 2014 si è chiuso con un aumento del prezzo medio annuo, rispetto al 2013, dell’1,7%. Nel caso della frutta secca l’incremento è stato del 2,2%.

Alla base di quest’inversione di trend vanno considerati molti fattori come ad esempio, nel caso della frutta secca, il cambio euro-dollaro.

Frutta secca. «La caratteristica di questo comparto – spiega Fabio Barbieri che guida Manuzzi srl, azienda cesenate specializzata nella lavorazione e distribuzione di frutta secca – è che la materia prima proviene prevalentemente dall’estero e gli scambi commerciali vengono effettuati i dollari. In questo senso, la frutta secca risente degli effetti dell’andamento del cambio. Un euro debole rispetto al dollaro, come in questo momento, determina l’aumento dei prezzi in euro».

Nel comparto della frutta secca uno dei driver per la tenuta del prezzo è stato l’albicocca che, nel periodo natalizio ha registrato quasi un raddoppio del prezzo anche a causa delle pessime condizioni climatiche registrate in Turchia che hanno ridotto moltissimo la produzione.

Stesso discorso vale per il pomodoro la cui tenuta del prezzo è stata determinata dalla pessima campagna commerciale dell’anno scorso.

Pomodoro. «L’estate particolarmente piovosa del 2014 – spiega Sandra Sangiuolo, responsabile marketing internazionale di Conserve Italia – ha determinato un significativo calo della produzione che permesso di arginare il crollo dei prezzi. Il peggioramento delle condizioni climatiche, infatti, ha reso necessari degli interventi sui campi, come ad esempio, verifiche più frequenti o specifici trattamenti di diserbamento per contrastare l’incremento delle manifestazioni parassitarie legate alla maggiore umidità. Tutto ciò ha fatto lievitare i costi di produzione. Questa situazione di stagionalità va poi unita al fatto che dall’altra parte c’è una domanda interna di pomodoro che si è ormai stabilizzata da un quinquennio, dopo un lungo periodo di contrazione dei consumi».

Data l’alta volatilità dei mercati ortofrutticoli non è possibile fare previsioni per il 2015. Però possono ipotizzarsi delle strategie che consentano di contenere gli effetti negativi di questa congiuntura. Una di queste è il rilancio dei consumi. Per Confagricoltura: «Occorre fare della buona promozione per incentivare la domanda. Bastano poche iniziative ma efficaci. Mentre non ha senso parlare di programmazione della produzione dal momento che viviamo in un mercato globalizzato dove esistono moltissimi attori».

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