Ferri:”Frutta secca, è finito il boom”

Uno dei segmenti più redditizi del reparto ortofrutta chiude il 2018 in territorio negativo. Per Coop Alleanza 3.0 l’italianità della materia prima è la leva principale per stimolare i consumi

Oltre che dal calo delle vendite di frutta e verdura di I gamma, la redditività dei reparti ortofrutta nella distribuzione moderna subisce un’ulteriore erosione dovuta alla frenata dei consumi della frutta secca e disidratata.

Giampaolo Ferri, buyer ortofrutta Coop Alleanza 3.0

Se fino a un paio di anni fa questo segmento veniva indicato come uno dei più performanti e dalla maggiore marginalità, dal 2018 la situazione sembra mutare di direzione e richiede una riflessione da parte dell’industria e della distribuzione.

A porre il tema è Giampaolo Ferri, buyer ortofrutta di Coop Alleanza 3.0: “Le prime avvisaglie di un cambio di rotta si sono registrate a novembre-dicembre 2017 e sono proseguite nel 2018 con una flessione nel mondo Coop del 3-4% a valore, in linea con la tendenza nazionale di iper+super+lsp rilevata da Nielsen. A volume non c’è stata flessione per effetto dei pezzi venduti in avancassa a 0,99 centesimi che hanno dato ottimi risultati”.

Quindi è un problema di formati?

Il formato è uno degli aspetti da rivedere. Negli ultimi 4-5 anni i mix sono stati il volano della frutta secca, ma nessuno ha mai fatto uno studio scientifico sulla composizione. Bisogna tornare a lavorare sulla qualità della materia prima e ripensare le grammature scientificamente corrette in base allo stile di vita (consumatore sedentario o sportivo) o all’uso (dolci, panificazione ecc.). Per alcune famiglie merceologiche come arachidi e prugne, proposti nel formato da 500 grammi, i formati vanno poi alleggeriti perché commercialmente non funzionano più, conviene lavorare su grammature inferiori con un percepito di prezzo più basso.

Quali azioni possono risollevare i consumi?

L’italianità nei prossimi anni darà una mano alla ripresa delle vendite. Per esempio, le prugne secche sono ferme da diversi esercizi, ma il segmento del prodotto di origine italiana sta continuando a crescere. Gli investimenti in nuovi impianti di noci e nocciole tra 4-5 anni andranno a incrementare significativamente la produzione italiana e nell’offerta della frutta disidratata, alla frutta esotica molte aziende stanno affiancando pesche, albicocche o piccoli frutti coltivati nella nostra penisola. Inoltre, dopo le battaglie salutistiche contro il sale, il fritto e lo zucchero, le aziende stanno rivedendo l’offerta di pistacchi, arachidi e frutta disidratata proponendoli al naturale.

Quali i plus per la frutta secca e disidratata italiana?

La sicurezza sanitaria e il minor uso di agrofarmaci.

Come Coop come comunicate al consumatore l’origine nazionale?

Sostanzialmente con il packaging, segnalandola con la bandiera tricolore o con la scritta coltivato in Italia e con il QR code per coloro che vogliono approfondire.

E il biologico?

Questo segmento, insieme all’italianità, è una leva su cui Coop punta molto. Da giugno 2018 abbiamo introdotto in avancassa frutta secca biologica Viviverde Coop in packaging di piccola grammatura (30-40 g) e, dove possibile, di origine nazionale, con risultati ottimi che hanno ribaltato il trend negativo dei primi 4 mesi del 2018, limitando le perdite. Soprattutto ci hanno dato l’immediata percezione del gradimento dei responsabili d’acquisto. Italianità, biologico e piccoli formati sono perciò la formula vincente.

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1 commento

  1. Sono assolutamente d’accordo. Personalmente, ho ridotto il consumo di frutta secca proprio perché è difficile conoscerne la provenienza(mancano informazioni sulla confezione) e quando è dichiarata, certifica provenienze lontane(California!!!) o da paesi in cui spesso si abusa di pesticidi(Turchia ecc.), o dove le certificazioni “bio” sono troppo generosamente ottenute, come in certi paesi dell’est europeo(Romania, Ungheria…).
    Si sa inoltre che i contadini italiani lasciano spesso marcire i loro frutti perché il loro prezzo sarebbe troppo basso rispetto al lavoro di cui hanno bisogno. Produzioni enormi dismesse grazie alle pretese della grande distribuzione di avere merce al più basso costo possibile.
    Il risultato, per me, è che ho quasi smesso di comprare frutta secca, che pure mi piace molto. E continuerò finché non sarà finalmente tracciabile , prodotta il più vicino possibile ai luoghi di vendita, e fino a quando i controlli sul biologico smetteranno finalmente di essere – almeno in alcuni paesi- una farsa, come è stato rivelato da diverse indagini.
    Con rispetto, e ringraziandola per l’articolo
    A.C.

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