Cultiva a Berlino tra biopackaging, biologico, export e Brexit

Da Fruit Logistica il presidente di Cultiva annuncia l’arrivo a marzo di una nuova linea di bowl con packaging biodegradabile. Nel frattempo l’azienda testa l’idroponica e investe sull’agricoltura 4.0

Un nuova linea di bowl con biopack, la crescita del bio e dell’export con l’accordo in Uk con Bakkavor e timori della Brexit, ma anche i test sull’idroponica e gli investimenti nell’agricoltura 4.0. A Fruit logistica 2019, Giancarlo Boscolo, presidente di Cultiva, azienda globale ai vertici mondiali del fresh cut, racconta a #FPMag le tante novità del Gruppo il cui fatturato ha superato i 30 milioni di euro.

Presidente, partiamo dalle referenze: quali novità?

A Berlino volevamo portare una nuova linea di piatti pronti  ma ci ha ritardato  il packaging. Dunque arriveranno verso marzo e li presenteremo a MacFrut. Sono piatti freddi di quarta gamma. Bowl con ingredienti da mescolare: insalate e prodotti secchi e croccanti, perfetti per pause pranzo. Per la parte croccante metteremo pane con aggiunta di semi, cereali, probabilmente l’orzo, e frutta che sarà disidratata. Per le insalate, baby leaves e anche insalate croccanti. Partiamo con tre referenze, altre due se ne aggiungeranno.

Come sarà il packaging?

Sarà biodegradabile, come la forchetta e il fazzoletto inclusi. Tutti i dati che ci arrivano dai nostri centri ci chiedono cosa stiamo facendo sulla plastica. È un’ondata.

Ci saranno superfood nelle bowl?

Ci sarà il radicchio nella bowl mista con insalate croccanti. Noi abbiamo lanciato il radicchio negli Usa. Abbiamo anche la busta di radicchio Igp. C’è ancora da fare su questo prodotto. È ancora poco conosciuto al Sud, per esempio.

In Nuova Zelanda  si va verso il packaging zero nella gdo. È una tendenza globale.

“Sì, ci deve essere la richiesta dei consumatori, che c’è, ma anche la volontà della gdo per fare queste cose. Noi da soli non ci riusciamo”.

Sta crescendo parecchio anche l’idroponica.

“Noi abbiamo investito nello studio. Già nel 2017 abbiamo inviato un nostro tecnico a Eindhoven, nella sede della Philips, ed è stato lì un anno per studiare la concimazione, la luce più adatta, tipologie di baby coltivabili. Stiamo poi partecipando a un bando europeo che coinvolge anche le università e altre aziende. Dovremo costruire un plot che dovrebbe portarci in azienda quelle informazioni che ancora ci mancano”.

Si andrà verso l’uso di luci a led o naturali?

“Potrà essere una via intermedia. Noi però in Olanda abbiamo lavorato su colture fuori suolo al 100%. Abbiamo lavorato su tutte le baby leaves”.

All’Auchan di Torino è nato il primo progetto in Italia di serra aeroponica in uno store della gdo: il consumatore raccoglie direttamente insalate, erbe aromatiche, micrortaggi e microleaves: è il futuro?

Ci siamo vicini. C’è anche un discorso di marketing e va bene distinta l’industria. C’è un’azienda di New York che sta entrando direttamente in questo mercato, Aerofarms: è l’unica che ha numeri importanti al momento. Ma anche lì pensiamo manchi qualcosa. L’idroponica potrebbe però essere attuabile in Paesi con clima difficili, al Nord, o dove l’energia elettrica ha costi  bassi.

L’Enea sta spingendo sul recupero di edifici dismessi per la Vertical Farming.

Non è quella la soluzione. Dà visibilità ma ha alti costi, spenderemmo di più.

Dove va il mercato delle baby leaves?

Per noi il prodotto numero uno è la rucola. Esportiamo il 65% della nostra produzione ed è la rucola che va di più. Il progetto si espanderà verso altre produzioni, che devono arrivare nelle migliori condizioni. Dare qualità a un prodotto che arriva sulla tavola dopo 7-10 giorni è una filosofia di lavoro. C’è dietro lo studio varietale, concimazioni, irrigazioni, raccolta, raffreddamento.

La start up Xnext, con Xspectra, ha creato un dispositivo per la sicurezza alimentare che supera i raggi X. Negli Usa si stanno proponendo device mobili per misurare i contaminanti. Come rispondere a queste novità tecnologiche?

L’insalata in busta è il prodotto più controllato sul mercato. Noi abbiamo introdotto macchine a selezione ottica in campagna per il controllo dei corpi estranei. La sfida è però verificare la qualità del prodotto prima della raccolta. Con i sensori, lettura delle immagini. Noi stiamo investendo nell’agricoltura 4.0. Ci sono già i droni che volano in serra. Quello che ancora manca è la lettura dei dati. Sapere quando arriva il prodotto in azienda, se lo puoi lavorare subito o no, potrebbe far fare un grande salto”.

Da Fruit Logistica, alle altre fiere: come sono visti gli italiani all’estero?

Gli italiani hanno sempre avuto maggiore ostacolo. All’estero siamo considerato bravissimi ma un po’ meno affidabili. Siamo ancora ritenuti più commercianti che industriali. Facciamo meglio degli altri, ma abbiamo questo bagaglio.

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