Frutta e verdura costano meno ma gli acquisti non aumentano

prezzi ortofrutta

Nel 2014 gli italiani hanno speso il 2% in meno per i loro acquisti di frutta e verdura. Secondo il Report Ismea dei consumi domestici delle famiglie italiane che prende in considerazione gli acquisti effettuati tra gennaio e novembre 2014 e li mette a confronto con quelli dello stesso periodo del 2013, se da un lato i quantitativi di frutta e verdura venduti sono più o meno in linea con l’anno precedente dal momento che si registra un leggero incremento dello 0,2%, diminuisce del 2% il valore degli acquisti.

Il trend. «Significa in buona sostanza – spiega Mario Schiano Lo Moriello, analista di Mercato di Ismea – che la flessione dei prezzi è superiore al 2%. Tuttavia se inseriamo il dato in un contesto di flessione costante del mercato di ortofrutta registrata da circa 10 anni, il +0,2% dei volumi esitati, e quindi la sostanziale stabilità degli acquisti, va letto come un dato incoraggiante per tutto il settore».

Scendendo ad un maggior grado di dettaglio, secondo i dati Ismea, sono andate bene le vendite di frutta (+0,9% volumi esitati complessivamente) ed in particolare sono andate bene pere, mele, meloni, fragole, banane, ananas e uve. Meno bene la frutta estiva come le pesche nettarine e le prugne a causa di un’estate incerta e per lunghi tratti fresca e piovosa. Male gli agrumi i cui volumi esitati sono calati dello -0,6%.

Gli ortaggi. Crescono i consumi di ortaggi con un incremento delle quantità vendute dello 0,8%. Unica eccezione per la patata che ha subito una pesante battuta d’arresto con un calo dei volumi del 5%.

«Il dato – continua Schiano Lo Moriello – va legato al fatto che, oggi, la gente cucina di meno. Le abitudini alimentari sono cambiate in funzione dello stile di vita sicché si riesce a ritagliare del tempo per cucinare soltanto nel week end».

IV gamma. In calo anche la IV gamma che dopo anni di incrementi delle vendite a due cifre, nel 2014 registra un calo dei volumi dell’1,4% che è ancora maggiore per le vendite (-14%).

«Siamo in tempi di crisi – precisa Schiano Lo Moriello – è la differenza di prezzo gioca la sua parte. Oggi un’insalata di IV gamma costa tra le 5 e le 10 euro al chilo mentre quello sfuse costano tra 1,5 e 2 euro al chilo. Le famiglie che, in questa fase, tendono a risparmiare, si orientano verso un prodotto meno costoso».

Gli esiti negativi del settore del fresh cut possono essere anche legati all’eccessiva presenza di operatori (denunciata a più voci durante la fiera bolognese, Marca, appena conclusa) che, di fatto, saturano il mercato dando luogo ad una feroce guerra dei prezzi.

In controtendenza i prodotti trasformati che registrano dati positivi pur rappresentando una piccolissima fetta del mercato agroalimentare (0,3% del mercato agroalimentare italiano a fronte del 22,2% detenuto da frutta e verdura): +0,2% marmellate, +0,1% frutta sciroppata.

I succhi di frutta. Meglio ancora per succhi di frutta e smoothies che hanno beneficiato della riduzione dei prezzi al dettaglio incrementando in maniera significativa i volumi del 4,8%. Se si considera che la spesa è diminuita dell’1% significa che, in questo settore, i prezzi sono calati del 6%.

«L’incentivo all’acquisto di frutta da parte dei trasformatori – ha spiegato Daniele Piva, responsabile frutta di Conserve Italia che gestisce, fra l’altro, i brand di Derby, Valfrutta e Yoga–, è dato da significativi cali di prezzi come non si vedevano da 10 anni a questa parte. Quest’anno le nettarine per l’industria sono state vendute a 5 cent al chilo quando solo un anno fa si pagavano il doppio. Lo stesso dicasi per l’albicocca. Le mele sono state vendute dai 6 al 15 centesimi al chilo quando normalmente il prezzo arrivava anche a 25 centesimi. Anche nel settore delle trasformazioni e dei succhi di frutta, occorre fare dei distinguo perché alcuni canali di vendita sono in sofferenza come ad esempio nel retail delle linee da bar dove si registra un progressivo calo».

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