Datterino, il futuro del pomodoro

La dimensione dei frutti e delle confezioni di pomodoro sono inversamente proporzionali al Pil e al benessere di una nazione. Sembra una boutade giornalistica, ma è la pura verità. Più una nazione è ricca e maggiore è la capacità di spesa dei suoi consumatori (quindi anche la ricerca della qualità), minore è la pezzatura dei frutti: il passaggio dai tipi “beef” ai ciliegini rispecchia esattamente gli indici economici di crescita.

Prendiamo ad esempio la Sicilia, una delle maggiori aree produttive europee: con quasi 5mila ha di pomodoro sotto serra, ne è un perfetto testimone, essendo passata, in soli 15-20 anni, dall’80-85% di tondo liscio, prima quasi esclusivamente a frutto singolo, poi sempre più a grappolo (“ramato”), al 55-60% di ciliegino a grappolo. A essere ancora più precisi: il ciliegino a grappolo è nato proprio qui.

Alla base del continuo successo delle tipologie a grappolo di piccola pezzatura (15-25 g) ci sono, innanzitutto, il maggiore contenuto di zuccheri, acidi ed eteri volatili, la buccia sottile, ma anche colori, aromi e profumi più intensi. Soddisfano a pieno anche le esigenze della grande distribuzione: lunga shelf-life, che può arrivare tranquillamente fino a due settimane, nonché possibilità di realizzare confezioni anche molto piccole, da 100-250 grammi, che incontrano perfettamente le esigenze di una società sempre più popolata di single e lavoratori che richiedono snack veloci, al posto del classico pranzo di mezzogiorno.

Il pomodoro, in Italia, rappresenta da sempre un settore molto dinamico, che segue continuamente le richieste dei consumatori e della distribuzione. Il miglioramento genetico e delle tecniche colturali, associato a un intelligente sfruttamento delle “vocazionalità” territoriali (alta insolazione anche d’inverno, suoli sabbiosi, acque salmastre), hanno determinato ultimamente un sempre maggiore interesse di produttori e consumatori verso tipologie nuove, quali il datterino o mini-plum, o rivisitate, quali il cuor di bue o i tipi costoluti molto spallati, che anno dopo anno erodono fama e quote di mercato al classico tondo liscio insalataro.

Al crescente successo dei datterini, soprattutto come pomodorini da snack, hanno contribuito recentemente anche alcune scelte “suicide” di molti produttori del classico ciliegino rotondo i quali, vuoi sotto la spinta della crisi, o forse della gdo, quando pensa solo al profitto immediato, hanno inseguito solo la massimizzazione delle rese e la compressione dei costi di produzione, dimenticandosi della qualità.

Abbandonare la strada maestra della qualità non è mai una buona scelta, soprattutto quando tutto sembra andare storto. Se insegui solo i kg e il prezzo, allora non ti dovrai stupire se la concorrenza con il Nord Africa aumenta, in quanto è un settore in cui sei perdente in partenza.

Il pomodoro datterino oggi offre una nuova possibilità di riscatto ai produttori, tanto più che i trend watchers di mercato ne prevedono una crescita esponenziale nei prossimi anni in Europa: non sprechiamo anche questa, se vogliamo tenere alto nel mondo il buon nome dei pomodori italiani come sinonimo di alta qualità.

L’autore è del Ceres Srl – Società di consulenza nel settore dell’orticoltura protetta

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