Innovazione e servizi aggiunti per spingere l’ortofrutta italiana

Il calo progressivo dei consumi di frutta e verdura in Italia è un fenomeno in atto da oltre 10 anni,  con una perdita di quantità acquistate per famiglia di  circa 140 Kg  annui dal 2000 al 2013.

Partendo da questo dato ieri a Bologna al convegno Consumi di ortofrutta in Italia. Analisi e idee per il rilancio, organizzato dal Cso, diversi rappresentanti della filiera e della politica si sono confrontati sulle strategie da seguire per lo sviluppo del settore. L’europarlamentare Paolo De Castro ha dichiarato: «In autunno avremo la riforma dell’OCM Ortofrutta con modifiche che fanno riferimento al libro bianco, dobbiamo quindi  lavorare fin da subito sul nuovo regolamento, sul biologico  e  sui programmi di promozione che per le imprese significano circa 200 milioni di euro l’anno. Per quanto riguarda le pere mi sono attivato anche per l’etossichina, ma il problema è che   l’Italia non ha  chiesto la deroga come gli altri Paesi. Inoltre, per il settore ortofrutta l’imperativo è esportare».

L’assessore all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, Tiberio Rabboni ha ricordato gli sforzi che  l’Emilia-Romagna ha compiuto verso la qualità e l’innovazione, raggiungendo l’80% di produzione ortofrutticola integrata e ha illustrato le nuove linee del  Psr che daranno priorità all’innovazione delle filiere, alla logistica e alla formazione dei giovani anche attraverso il rifinanziato Progetto di Frutta nelle Scuole.

«Dall’analisi dei dati – ha dichiarato Elisa Macchi direttore di Cso –  emergono delle evidenze importanti su cui è necessario riflettere: in primo luogo è palese che il prezzo non è l’unico fattore condizionante per l’acquisto, lo si vede dallo sviluppo del biologico o di referenze alte di gamma come il radicchio (+61% di acquisti dal 2006 a oggi) o le fragole (+34% dal 2000 al 2013). I consumatori stanno premiando l’innovazione di prodotto che negli ultimi anni ha reso disponibili sul mercato varietà più apprezzate anche dal punto di vista organolettico-gustativo. Mi riferisco, ad esempio alla crescita  dei consumi di albicocche (+6% dal 2000)  o anche delle pesche (+3% dal 2006) o dei meloni che hanno vissuto un profondo rinnovamento varietale e un ampliamento del calendario di commercializzazione. Soffrono  i prodotti  anonimi e indifferenziati  su cui  sarà necessaria una profonda segmentazione e differenziazione. Penso alla pera, in primo luogo, ma anche alle arance e all’uva».

Gli indicatori, ha concluso Macchi, stanno dando segnali di timida ripresa per il comparto: «Ci dovremo giocare bene le opportunità, consapevoli del fatto che sarà sempre più importante conoscere a fondo la dimensione delle produzioni italiane che è la base di partenza per ogni scelta strategica e di fatto oggi è ancora incompleta».

L’analisi dei dati presentati al Convegno evidenzia un andamento dei consumi di ortofrutta a due velocità sul territorio nazionale. Mentre nelle aree del Nord e del Centro gli acquisti sono stabili o in crescita, nel Sud diminuiscono in misura importante, poiché la distribuzione moderna è ancora poco presente.

Commentando l’analisi del Cso, Francesco Pugliese, presidente di Adm, Associazione distribuzione moderna, ha  sottolineato il fenomeno discount che aveva una politica iniziale di basso prezzo a fronte di un basso servizio, ma che ora sta evolvendo verso un maggior servizio. Il presidente di Adm ha inoltre evidenziato la negatività della pressione promozionale che finisce esclusivamente per togliere valore al prodotto.

Sono intervenuti anche i rappresentati della produzione  Renzo Piraccini (Apofruit) che ha sottolineato l’importanza della marca e dell’innovazione per conquistare quote di mercato;  Cristian Moretti (Agrintesa) ha ribadito la necessità di fare uno sforzo per ritrovare redditività per la produzione, mentre Marco Salvi (Fruitimprese) ha evidenziato la necessità di trovare sbocchi commerciali verso i Paesi esteri. Tutti infine hanno concordato che per migliorare i consumi occorre una stretta sinergia tra la produzione e la grande distribuzione.

«Dobbiamo prestare la massima attenzione alle esigenze dei consumatori – ha dichiarato Paolo Bruni, presidente di Cso – sintetizzabili  in 5 punti chiave:  sicurezza, benessere, legame con la natura, facilità d’uso, stile di vita semplice, risparmio e lotta allo spreco. Da parte di Cso ci mettiamo a disposizione, come tavolo tecnico, per studiare a fondo i problemi e dare supporto alle Istituzioni e alle Organizzazioni dei produttori  per sollevare questioni importanti sul fronte consumi, come il riconoscimento dei requisiti salutistici della frutta e della verdura da parte di Efsa,   l’armonizzazione europea dell’uso dei fitofarmaci, la creazione di un catasto nazionale delle principali specie frutticole. In chiave di comunicazione, ha concluso Bruni, il nostro impegno è oggi più che mai indirizzato verso la creazione di un rapporto stretto con la grande distribuzione per collaborare a inventare spazi dedicati all’ortofrutta più vicini alle nuove esigenze del consumatore».

Nella foto Paolo Bruni, presidente Cso, e Paolo De Castro, eurodeputato.

Se questo articolo ti è piaciuto e vuoi rimanere sempre informato iscriviti alla newsletter gratuita.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome